Una delle migliori ragioni per un viaggio in Libano è la scoperta del suo patrimonio archeologico. La terra d’origine dei Fenici è in qualche modo la culla della civiltà mediterranea. I reperti archeologici del popolo del mare si trovano solo nei musei, in quanto le loro città vennero colonizzate e riedificate da Greci e Romani, sicché non si può dire che esistano rilevanti rovine fenice. Sono però proprio Greci e Romani ad aver lasciato nelle città fenice alcune delle più importanti e sconvolgenti testimonianze della loro arte e architettura. Ecco quattro siti archeologici imperdibili del paese dei cedri.
1. Baalbek
Baal, per gli antichi Fenici, era il dio per eccellenza, il principale, quello che poi per i Greci sarebbe diventato Zeus e per i Romani Giove. Ma, rappresentando anche il Sole, può essere identificato con Apollo. Al di là di questa geneaologia divina, nella cittadina di Baalbek, che poi non a caso verrà chiamata Heliopolis – città del Sole – si trova un sito ellenistico e romano (II secolo a.C. – II secolo d.C.) in grado di rivaleggiare in magnificenza con Petra e Palmira e di surclassare, si può dirlo senza timore di essere smentiti, ben più noti parchi archeologici in Grecia e in Italia. Ciò che non può lasciare indifferenti di questo luogo sono le immense colonne, alte più di 20 metri, di quello che probabilmente fu il più grande tempio dell’antichità classica, la perfezione del cortile esagonale a cui si accede dagli alti propilei, la resa mozzafiato dei volumi ma soprattutto l’incredibile stato di conservazione del Tempio di Bacco del quale rimane intatta la camera interna. Tutti abbiamo negli occhi le immagini del Partenone o della Valle dei Templi e tutti ricordiamo perfettamente come si veda attraverso la selva delle colonne. Ebbene a Baalbek non è così: il Tempio di Bacco è completo e quasi intatto, così come la sensazione di sacralità che si prova entrandoci. Se dovete scegliere una singola tappa in Libano, eccola.
2. Tiro
L’antica città di Tiro, sono due! La prima un tempo si trovava sul mare ed era un’isola. Poi nel 332 a.C. Alessandro Magno, per conquistarla, la collegò alla terraferma con un terrapieno ed oggi si raggiunge a piedi per immergersi in una selva di colonne che incornicia il mare su cui si riflette il tramonto. Ma sarete in dubbio se abbandonarvi alla contemplazione del riflesso della luce sulla superficie dell’acqua oppure sulla pavimentazione lucida del foro. L’altra città, sviluppatasi di fronte alla prima, conserva una vasta necropoli affiancata da una lunga, lunghissima strada romana e poi bizantina, ed un ippodromo grande come il Circo Massimo, ma dotato di una intera gradinata e dell’isola centrale attorno alla quale le bighe dovevano affrontare le difficili curve delle gare. Con gli occhi pieni di questo splendore, potrete comunque abbandonarvi al languore della costa mediterranea in uno dei localini del porto della città, davanti a un bicchiere di Arak, il liquore d’anice libanese.
3. Byblos
Cosa dire di Byblos? Sicuramente che un livello di stratificazione di diverse epoche così denso è difficile da trovare e moltiplica lo stupore e l’interesse culturale per questa deliziosa cittadina dal sapore mediorientale. Attraversato il bazar coi suoi profumi, raggiunta la moschea, ci si trova di fronte alla mole imponente di un castello crociato che domina un verdeggiante promontorio mediterraneo. Qui spuntano come funghi, o meglio fiori, colonne, templi e santuari, mentre fra i cespugli si nascondono tombe ipogee e scavi archeologici ancora in corso, il tutto confuso nel rumore del vento e delle onde del mare fra le quali si distinguono appena le voci giungere dal mercato.
4. Anjar
Anche le città greche e romane, però, vennero riedificate e modificate dalle popolazioni che giunsero in Libano dopo di loro. Gli arabi, ad esempio, che lasciarono fra le tante testimonianze, un perfetto esempio della loro architettura, sovrapposta al tessuto rigoroso di un insediamento romano. Ad Anjar, nell’entroterra, cardo e decumano conducono alle architetture maestose della meglio conservata città Omayyade del Libano. Il palazzo reale e le abitazioni si inseriscono al posto delle domus e del foro ed è perfettamente chiaro come la tradizione del hammam derivi da quella delle terme. Calidarium e tepidarium erano infatti già praticamente pronti quando la prima dinastia araba si insediò qui all’inizio dell’VIII secolo, e non ci fu nulla di più semplice che aggiornare in qualche dettaglio la tecnologia idraulica e cambiar loro nome: ecco nato quello che noi chiamiamo bagno turco.
Piero Pasini
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